Export Made in Italy: come scrivere un business plan di successo

  Admin   Mag 29, 2016   Blog, ecommerce, export, Made in Italy, marketing   0 Comment

di Francesco Bromo – (redazione iBlend Ag.)

Breve guida al business plan di successo

Il tema “export” è di quelli che verrebbero definiti di “scottante attualità”. Nonostante gli ultimi dati disponibili parlino di una frenata del flusso di merci italiane verso l’estero il tema continua ad essere ampiamente dibattuto sia online che nei media tradizionali.

Ed è semplice intuire perché: il mercato interno sta ancora soffrendo le conseguenze di una crisi lunghissima, i consumi, seppur in ripresa sono ancora troppo deboli e last but not least, il Made in Italy in tutte le sue espressioni gode di un forte appeal all’estero ed è sotto gli occhi di tutti che le attuali quote di mercato detenute da imprese italiane all’estero possono essere ulteriormente ampliate.

È naturale, quindi, che sempre più imprenditori aspirino a trovare nuovi sbocchi per i propri prodotti per dare nuova linfa alle proprie aziende.

Esportare, però, non significa semplicemente partecipare a delle fiere, accordarsi con degli acquirenti e spedire le merci. Internazionalizzare un’impresa è un vero e proprio progetto che al pari di tutti gli altri che una azienda intende mettere in atto necessita di una fase di analisi (ed autoanalisi) in cui individuare con oggettività le proprie potenzialità e definire punto per punto i passi da compiere per evitare che l’idea si trasformi in un fallimento.

Uno strumento utilissimo, se non indispensabile in questa fase è il business plan.

Spesso il business plan è visto come un fastidioso adempimento richiesto per accedere a fonti di finanziamento da parte di banche o altri istituti di credito, in realtà il soggetto più importante per il quale deve essere redatto il business plan è l’impresa stessa dato il forte impatto che un progetto di internazionalizzazione ha sulla sua organizzazione e sull’assetto economico-finanziario.

Ecco, dunque, una breve guida (e qualche consiglio) per la redazione di un business plan. Prima, però, partiamo da una definizione.

Il business plan è uno strumento strategico-operativo, che ha l’obiettivo di realizzare una analisi di fattibilità di un progetto aziendale (nel nostro caso l’internazionalizzazione) attraverso la valutazione di dati economico-finanziari ed organizzativi dell’impresa e del mercato in cui si vuole andare ad operare.

Consiglio n.1: raccogli tutti i dati disponibili e non trascurare nessun aspetto. Tieni, però, sempre a mente che lo scopo dell’analisi è aiutarti a decidere: non farti travolgere dalle informazioni.

Il business plan è, pertanto, costituito da due parti:

1)     parte descrittiva: contiene lo studio dei mercati e del settore in cui si opera, la definizione della strategia aziendale e il piano di azione operativo

2)     parte economico-finanziaria: utile a fornire la stima di redditività del progetto, ma soprattutto a valutarne la sostenibilità finanziaria da parte dell’impresa

La parte descrittiva deve contenere l’analisi di aspetti:

1)     valutari

2)     politici, culturali e sociali

3)     normativi

4)     contabili e fiscali

5)     di struttura del mercato e dei competitor

6)     organizzativi interni (risorse umane a disposizione e relative competenze, livello di produzione massimo raggiungibile, necessità di investimenti in nuovi macchinari, etc.)

La parte economico finanziaria deve, invece, focalizzare l’attenzione su:

1)     le vendite previste e quelle necessarie al raggiungimento del break even point

2)     i costi necessari per realizzare il progetto

3)     gli investimenti da compiere

4)     i conti economici

5)     il flusso di cassa

Consiglio n.2: il business plan è un documento complesso e tecnico che richiede competenze specifiche. Fatti aiutare da un esperto, meglio se esterno all’azienda: un punto di vista oggettivo aumenterà l’attendibilità del tuo business plan.

L’indice di un buon business plan deve, inoltre, prevedere la presenza di due documenti di sintesi, l’Executive Summary e l’Investment Memorandum, la cui realizzazione è legata ad aspetti di riservatezza e facilità di lettura: il business plan, infatti, per sua natura contiene informazioni sensibili relative all’azienda ed al mercato di riferimento (attuale e potenziale) e pertanto, sarebbe una importante fonte di informazione qualora dovesse finire nelle mani di un competitor; essendo, poi, un documento lungo e dettagliato è buona norma sintetizzarlo per permetterne una consultazione veloce a chi voglia avere subito presente il quadro generale.

L’Executive Summary deve essere lungo due/tre pagine ed illustrare all’interlocutore il progetto e le intenzioni del suo promotore.

L’Investment Memorandum generalmente è lungo 15/20 pagine e ha gli stessi contenuti dell’Executive Summary esposti con un maggior grado di approfondimento.

Infine, una sezione molto importante del business plan e che richiede lo stesso impegno per la sua preparazione è il Piano di Marketing (a volte usato come documento a sé stante e di cui abbiamo già parlato in un post di qualche settimana fa).

Tutte le analisi e le valutazioni contenute in un business plan devono riguardare un periodo di 3/5 anni, in quanto un progetto di internazionalizzazione richiede l’impiego di risorse che viene ripagato solo nel medio-lungo periodo.

Un buon business plan non è sinonimo di successo dell’attività imprenditoriale, ma aiuta nel ridurre fortemente l’ipotesi di un suo fallimento sia perché rende evidenti tutti gli aspetti da curare per la riuscita del progetto sia perché la sua flessibilità (elemento essenziale di un business plan di successo) permette di adottare per tempo eventuali azioni correttive che dovessero rendersi necessarie nella fase di misurazione periodica dei risultati raggiunti.

 

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