L’importanza di chiamarsi Ernesto: un esempio di storytelling aziendale

  Admin   Apr 29, 2016   Blog, marketing emozionale   0 Comment

di Francesco Bromo – (redazione iBlend Ag.)

 Quanto conta avere una storia (e raccontarla) per farsi conoscere ed apprezzare

L’importanza di chiamarsi Ernesto è una famosa commedia di Oscar Wilde in cui Jack, un giovane moralmente irreprensibile che vive nelle campagne londinesi, finge di chiamarsi Earnest per poter vivere una vita scapestrata quando si reca a Londra, dove nessuno lo conosce.

Ernest (o Jack) è innamorato della cugina di un suo amico aristocratico, ed ha intenzione di chiederle di sposarlo. Lei, non solo ricambia il sentimento, ma è anche fermamente decisa a sposare solo un uomo di nome Ernest, perché il solo pronunciare  questo nome le “procura delle vibrazioni” e le scalda immensamente il cuore..

Anche il suo amico finge di chiamarsi Earnest e di condurre una vita completamente diversa da quella che realmente vive,  per conquistare Cecily Cardew, una ragazza affidata alle cure di Jack, anch’ella intenzionata a sposare un uomo di nome Ernest, ritenendolo di fatto un nome speciale.

Ad un certo punto entrambe le ragazze scoprono di essere state ingannate e bum! saltano i rispettivi fidanzamenti , salvo poi ricomporsi nel finale in cui Jack scopre (per ragioni che non voglio spoilerare) che il suo vero nome è proprio Ernest.

Cosa c’entra questa storia con lo storytelling aziendale? Molto, ma iniziamo da una definizione..

Storytelling non è facilmente traducibile in italiano (“raccontare delle storie” è troppo simile a “dire delle balle”): diciamo che può essere tradotto con “comunicare attraverso un racconto”. Nel caso di una azienda agroalimentare, per esempio, il racconto riguarda sé stessa, il suo territorio ed i suoi prodotti.

Cosa hanno in comune lo stroytelling aziendale e la commedia di Oscar Wilde?

1)     l’obiettivo: Jack si è letteralmente creato una storia con cui proporsi ad un mondo da cui non era conosciuto (la Londra mondana ed aristocratica): il suo obiettivo era crearsi un’identità per riuscire a far apprezzare e vendere un prodotto (sé stesso), alla donna di cui era innamorato. Riconoscimento è il temine tecnico. È lo stesso obiettivo di ogni azienda: avere un’identità, rendersi riconoscibile, farsi apprezzare e vendere.

2)     la strategia: il solo nome “Ernest”, procurava vibrazioni e scaldava il cuore della sua amante; ed è proprio questo che una storia, un prodotto ed una azienda devono fare: procurare emozioni, suscitare ricordi, far nascere un sentimento, in altre parole creare consonanza tra sé ed i consumatori.

3)     la coerenza: il trucchetto di Jack (e quello del suo amico), però, funzionano fino ad un certo punto: nel momento in cui vengono smascherati perdono la fiducia delle rispettive amanti, che si sentono deluse e tradite dall’aver scoperto che i due non erano quello che avevano “raccontato” di essere. Vi ricorda niente? Quante volte le aziende perdono la fiducia dei propri clienti per aver mentito sulle caratteristiche dei propri prodotti per poi rischiare letteralmente il tracollo una volta scoperti (vi dice nulla il caso Volkswagen)?

Tutto questo ci insegna che le storie devono essere coerenti e non artificiose per non correre il rischio che diventino un boomerang: l’obiettivo di chi usa lo storytelling aziendale deve essere quello di coinvolgere attivamente il proprio pubblico e di creare con esso un legame profondo perché alla base dello storytelling ci sono emozioni, valori ed immedesimazione.

Il titolo originario dell’opera di Oscar Wilde, gioca proprio su questo: “The importance of being Earnest”,può anche essere tradotto come “L’importanza di essere onesti” (Ernest in inglese suona molto simile ad earnest, “onesto” appunto), propriocome dovrebbero essere le aziende quando raccontano ai consumatori la propria storia e quella dei propri prodotti.

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